Le parole del portiere della Cremonese Sarr in conferenza stampa: «La parata più bella a Terni su Mantovani. E sul rigore…»
In conferenza stampa al Centro Sportivo Arvedi è intervenuto il portiere della Cremonese Mouhamadou Sarr, a cui peraltro abbiamo dedicato un articolo nei giorni scorsi, sottolineando come sia diventato una certezza di questa squadra dopo l’addio a Carnesecchi con tante parate importanti e decisive (l’ultimo episodio è il rigore neutralizzato a Cutrone a Como). Dal sito della Cremonese, ecco la conferenza completa.
Dalle prove effettuate in Serie A con Ballardini alla titolarità di quest’anno, è stata una lunga attesa?
«Sì in qualche modo possiamo dire così, però fa parte del ruolo, ci sono aspetti che non possiamo controllare, l’unica cosa da fare è lavorare molto in attesa della propria opportunità».
Con l’arrivo del nuovo allenatore sono cambiate le richieste anche per voi portieri?
«Sì, il mister vuole costruire anche da dietro e chiede una partecipazione più attiva in fase di costruzione dell’azione e di aiutare i compagni in area di rigore nella gestione dello spazio e delle palle alte».
A Como sei stato decisivo, avevi già studiato i precedenti rigori di Cutrone?
«Oggi tutti quanti studiano l’avversario, poi sul momento vince l’istinto».
Nella fase antecedente il tiro di Cutrone nel tentativo di far perdere la concentrazione al tiratore ti sei ispirato a qualche tuo collega del passato?
«Ho testato questo aspetto negli anni, nella stagione della promozione, poi, con Di Carmine ho allenato per ore questa situazione anche grazie alla sua grande esperienza: Samuel mi ha trasmesso tanti trucchi, quegli allenamenti con lui oggi si stanno rivelando molto utili».
A livello tecnico quale è stata la parata più difficile fino ad ora?
«La parata più difficile è stata quella sul tiro di Mantovani a Terni: quando vedi la palla uscire lentamente dal campo tiri un sospiro di sollievo. In generale però le situazioni più difficili sono le letture delle palle alte».
Quanto è stato importante avvicinarsi alla sosta con un risultato positivo?
«Vincere è mentalmente la spinta migliore per affrontare la settimana. Fare due settimane di pausa dopo aver conquistato i tre punti ci permette di mettere più entusiasmo e concentrazione in vista dei prossimi impegni».
Come ti trovi con i tuoi colleghi portieri?
«Il rapporto è di massima professionalità. Fare il portiere non concede molte opzioni, gioca sempre solo uno di noi, il ruolo è questo, si lavora aspettando le proprie opportunità. Bisogna accettarlo e essere professionista vuol dire anche lavorare anche quando non si gioca. Andiamo tuti molto d’accordo, loro sono dei bravissimi ragazzi».
Cosa manca alla Cremonese per avere continuità in casa?
«Una vittoria. Dobbiamo raggiungere il risultato, ci siamo sempre andati vicino, anche con l’Ascoli la vittoria, seppur in dieci, è sfuggita soltanto per un dettaglio».
Quanto è importante trovare equilibrio durante il corso delle partite per gestire le partite con più solidità?
«La Serie B è un campionato difficile, si può vincere e perdere con tutti. Dobbiamo essere bravi a spezzare il ritmo agli avversari o rallentare i minuti di difficoltà. Abbiamo bisogno di maturare individualmente e come squadra, dobbiamo migliorare tutti i giorni analizzando i problemi per completare il nostro percorso di crescita e acquisire una solidità che ci farà diventare un avversario scomodo».
Come credi di essere cresciuto in questi anni a Cremona?
«Sono cresciuto a livello tecnico, si può crescere grazie alla costanza del lavoro anche senza giocare. Naturalmente la partita ti aiuta a crescere e la differenza principale è la velocità di acquisizione delle nozioni per perfezionarsi, è sicuramente anche una questione di leadership che si assume giocando. La base è sempre lavorare duro in settimana, perché la partita è solo lo specchio del lavoro settimanale».
Quanto è importante la spinta della curva che vi incita per tutta la partita?
«Ti dà una grande carica, avere una curva che ti appoggia e sostiene sempre ti permette di tirare fuori qualcosa in più. Ecco questa è una condizione che non puoi allenare: è il sostegno di una città intera che ti permette di fare quello sforzo in più».